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Darsena Europa e Riforma Porti

 

Dopo la presentazione a Bruxelles della Darsena Europa, il dibattito si è intensificato, con accenti qualche volta eccessivi, a proposito della profondità del pescaggio. Le polemiche potrebbero svanire se soltanto si usasse un approccio metodologico dello stesso tipo adottato per i piani industriali. Ciò, tra le altre cose, darebbe maggiore “stabilità” al progetto, soprattutto per quanto riguarda le procedure già esperite positivamente, com’è appunto il caso della Darsena Europa. Qualsiasi cambiamento in corsa, come potrebbe accadere insistendo appunto sulla profondità a -18 o a -20 rispetto ai -16 già codificati nel progetto approvato, potrebbe comportare un inaccettabile slittamento dei tempi, poiché potrebbe essere necessario ripercorrere l’iter burocratico per una ulteriore variante. Ricordando la tormentata storia che ha caratterizzato l’approvazione della variante al PRG necessaria per l’adozione del Piano Regolatore Portuale, è del tutto evidente che regrediremmo nella “corsa” in atto da parte di tutti i maggiori scali europei e nazionali sul potenziamento delle rispettive infrastrutture!

Oltre a questo, la variazione del pescaggio, comporterebbe, stante l’attuale codice ambientale, un incremento dei costi di realizzazione di entità certamente non trascurabile, trattandosi di oltre 100 milioni di euro, rispetto all’importo previsto per il progetto già pronto.

Infine, un eventuale aumento del pescaggio accrescerebbe anche le criticità degli aspetti ambientali, rispetto ai quali già deteniamo un triste primato di farraginosità burocratiche, che da anni frenano gli investimenti sul territorio. Detto tutto questo, sarebbe opportuno, ragionevole e soprattutto imprenditorialmente efficace, trattenersi sulle modalità di realizzazione della Darsena Europa.

Facendo un paragone, con un’opera di edilizia industriale, se devo costruire un grosso complesso suscettibile di essere ampliato , provvederò a progettare e realizzare fondazioni adeguate all’eventuale futuro ampliamento che dovesse rendersi necessario; quindi, analogamente si può  procedere con le stesse modalità per la Darsena Europa; l’importante sarebbe fondare le banchine a meno 20, mentre con l’escavo, per il pescaggio, arrivare fino a meno 16. Se il mercato e la dimensione futura delle navi lo richiederà, aumentare il pescaggio sarà più semplice e soprattutto più economico, anche tenuto conto del fatto che nella  prima fase dell’escavo si potrebbe smaltire lo strato di fanghi, presumibilmente con una concentrazione di fattori inquinanti più alta, allocandoli nelle vasche di colmata e quindi con un costo di smaltimento ridotto, mentre le fasce più profonde , libere da fattori inquinanti, potranno essere smaltite o sversate  in altri siti a costi notevolmente ridotti.

L’obiettivo prioritario deve restare, quindi, quello di costruire il nuovo porto a mare, liberando estesi spazi del porto commerciale, tali da poter soddisfare  le legittime esigenze di tutti gli operatori, e consolidando così i traffici esistenti e attraendone certamente di nuovi.

E’ innegabile, infatti, che il nuovo porto a mare rappresenti il fattore competitivo primario  per contribuire ad attrarre nuovi investimenti e costituire  il perno della robusta rete intermodale che fa parte integrante delle strategie di sviluppo equilibrato di tutta la Toscana della costa. Da tempo la geografia di riferimento per le strategie di sviluppo, non si limitano più  all’ambito provinciale bensì a quello delle macro regioni  guidate dalle città metropolitane. Su questa lunghezza d’onda l’urgenza principale è certamente rappresentata dall’imminente emanazione della Riforma della Legge sui Porti L. 84/94. Proprio su questo tema caldissimo, insieme al Collega Erich Lucchetti Presidente di Confindustria Massa Carrara abbiamo scritto al Governatore Rossi chiedendo particolare attenzione, ed un suo incisivo intervento verso il Ministero delle Infrastrutture, a proposito del ventilato accorpamento del Porto di Carrara con quello di La Spezia. Se ciò dovesse realmente accadere, ne conseguirà un danno molto grave all’intero sistema economico della Toscana.   

E’ del tutto evidente, infatti, che lo “smembramento” dell’attuale naturale sistema portuale toscano confliggerebbe pesantemente con gli obiettivi e le strategie di politica industriale contenuti negli Accordi di Programma  che il Ministero dello Sviluppo Economico ha pianificato per Livorno, Massa Carrara e Piombino. Le caratteristiche dei sistemi produttivi retrostanti i tre porti toscani costituiscono una rara poliedricità nel panorama dei porti nazionali, tale da accrescere in maniera considerevole  la competitività rispetto ad altre Regioni Italiane. Conseguentemente, tutelare l’integrità del nostro sistema portuale toscano garantirebbe il consolidamento degli importanti volumi di investimento già in corso di progettazione e, certamente, ne attrarrebbe di ulteriori. Per questo facciamo molto affidamento sulle iniziative di tutela che ci auguriamo il Governatore Rossi vorrà assumere.


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